Natale d’estate
“Le signore in nero” di Madeleine St John, Garzanti 2019
A volte bisogna sforzarsi di dire qualcosa sul libro che si è appena letto, perché quando si gira l’ultima pagina c’è spesso bisogno di tempo per uscire dall’atmosfera, da un’epoca intera in questo caso in cui si è stati immersi per diverse ore, e c’è bisogno di prendere le giuste distanze per analizzare. A volte si ha come l’impressione di aver letto un libro leggero, solo perché scorrevole e dalla scrittura lieve, e invece sì ha davanti una piccola perla che ci parla di argomenti che paiono superati e invece non lo sono per niente: questo è il caso de “Le signore in nero” di Madeleine St John.
Ci troviamo a Sydnye, Australia, anni ‘50, periodo natalizio e di saldi e, cosa a cui non siamo abituati, è estate, fa caldo e la mattina di Natale c’è chi va a fare un bagno in mare prima del pranzo!
Le protagoniste sono tutte donne e l’autrice ce le presenta con brevi flash, capitoli molto corti nei quali ci fa saltare da una vita all’altra con maestria e semplicità. Nella pagine successive, però, le loro vite iniziano a incrociarsi ma mai troppo, perché il rapporto che le lega difficilmente va oltre quello che è l’orario lavorativo e, quando capita, è fonte di stupore e di grandi cambiamenti.
Patty, Fay, Lesley/Lisa, Magda, Miss Jacobs passano gran parte della giornata insieme, sono infatti tutte commesse dello stesso grande magazzino, Goode’s (modellato su un vero magazzino esistente all’epoca a Sydnye che possiamo immaginare come la Rinascente a Milano, Harrods a Londra o le Galeries Lafayette a Parigi) e devono vestire tutte di nero per non essere troppo riconoscibili, in modo che nessuna possa spiccare tra le altre: il loro ruolo è, infatti, solo quello di vendere abiti da Cocktail e la cliente deve sempre essere messa al primo posto.
Per il solo fatto di lavorare negli anni ‘50, queste donne hanno per forza qualcosa in comune: o non hanno figli o non sono sposate. Ma questo comune denominatore non basta a far nascere un legame tra loro, quella che vivono è infatti un’epoca di luccichii e apparenze nella quale i guai seri vengono spesso nascosti sotto il tappeto, ci si vergogna dei problemi con il marito, del fatto di essere nubile a 30 anni e di vivere da sola, ci si vergogna del proprio nome o si ha paura di parlare col proprio padre del proprio desiderio di iscriversi all’università.
Unica categoria di persone che sembra vivere con più leggerezza, senza vergognarsi della propria condizione, sono i rifugiati, gli immigrati europei che sembrano avere una marcia in più per affrontare la vita ed essere sereni, divertirsi. Ed è proprio grazie a una di loro, Magda, che i destini di alcune ragazze si scostano un po’ da quello che sembrava essere scritto per loro, aprendo uno spiraglio di speranza che pareva irraggiungibile.
Una scrittura semplice, pagine che scorrono veloci e fanno entrare in sintonia con i personaggi. Un libro all’apparenza leggero ma che non deve ingannare, perché i temi trattati non sono banali né superati dalla società moderna. Questo romanzo invece può e deve farci riflettere su quanto la vita della donna sia cambiata in una manciata di decenni e su quanto sia importante non dare mai nulla per scontato.
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