Un’eclissi molto personale
Le atmosfere vissute leggendo “L’eclissi di Laken Cottle” di Tiffany McDaniel ben si confanno a questa mattina di agosto sotto la pioggia e i tuoni. E pensare che anche la narrazione si apre con Laken sdraiato su una spiaggia californiana, pantaloni arrotolati sui polpacci e camicia botton down, e Laken che guarda il sole.
Poi tutto si incupisce, un buio di cui non si conosce l’origine inizia a inghiottire il mondo a partire dall’Antartide e siamo spettatori degli ultimi attimi di vita di persone diverse, luoghi diversi, culture differenti, chi più, chi meno pronto alla fine.
Parallelamente, Laken cerca di tornare a casa, e il romanzo è costruito qui da una Tiffany McDaniel che sa quel che fa. Ammetto di essere rimasta spiazzata dalle atmosfere oniriche e che bisogna avere una mente aperta e voglia di sperimentazione per leggerlo, ma io mi sono fidata e ritengo di aver fatto la cosa giusta. Letto in soli tre giorni e la velocità mi ha concesso una full immersion che mi ha lasciato strascichi anche nei sogni…
Ma nonostante la tanta, troppa fantasia, nulla è lasciato al caso, nulla è inutile, tutto torna e lo fa anche crudelmente, come è tipico di questa autrice.
Lo consiglio a chi non si fa spaventare dall’onirico, a chi piace la McDaniel sapendo però che è tutta un’altra narrazione rispetto ad esempio a “L’estate che sciolse ogni cosa” (c’è anche una piccola citazione che ho adorato).